Un nostro resoconto dal convegno “PERCHÉ GLI AGRICOLTORI PROTESTANO” organizzato dal Biodistretto di San Gimignano.
Il mese di aprile si era aperto con l’incontro “I trattori e l’Officina” negli spazi di OS. A fine mese, nella settimana in cui il Parlamento Europeo ha reso legge le revisioni della Politica Agricola comune, il Biodistretto di San Gimignano ha organizzato una nuova iniziativa nel solco delle stesso tema.
Chi era presente ha subito un po’ il disagio di una location più scomoda e umida (la loggia del Teatro di piazza Duomo a San Gimignano), ma ha potuto ascoltare nuovi e interessanti punti di vista sul tema.
La prima testimonianza l’ha portata da Tonino Monfeli: agricoltore di Viterbo, aderente al Comitato Coordinamento Agricoltori Italiani, una delle sigle nate durante le agitazioni di questo inverno. Nella sua azienda produce (solo) nocciole, probabilmente uno dei tantissimi che in quella parte d’Italia ne forniscono 45mila tonnellate all’anno, la stragrande maggioranza ad un unico acquirente, ovvero la Ferrero (quella della Nutella). Monfeli ha raccontato di aver lavorato a lungo come dirigente d’azienda, poi una volta in pensione si è occupato più di frequente dell’attività di suo figlio. “A dicembre 2023 abbiamo presa coscienza che nel resto d’Europa si levavano voci di protesta degli agricoltori, strozzati da prezzi di vendita in discesa e costo del gasolio in salita. Ma in Italia le associazioni di categoria erano inermi – ha detto – Il 7 gennaio ci siamo ritrovati in 15 trattori. La nostra protesta è rimasta ignorata finché non siamo andati in autostrada, attirando le televisioni. Da lì è stato un crescendo, abbiamo capito che i consumatori sono con noi, anche se il Governo non ci sente”.
Sulle commistioni tra trattori e politica si è soffermato poi Mario Apicella, agronomo e Presidente del Biodistretto Amiata. A suo parere, il movimento di protesta ad un certo punto è stato spaccato ad arte, divulgando il messaggio che le istanze degli agricoltori erano state accolte, anche se non è così. “E’ rimasto del tutto insoluto il problema dell’indirizzo dei fondi di sostegno all’agricoltura: il baricentro è spostato sull’industria di trasformazione, anziché su chi coltiva: ci troviamo di fronte a un sistema che privilegia chi produce la passata, non chi coltiva il pomodoro. E che in sordina nel 2023, con un articolo 9 bis aggiunto al Decreto Siccità in sede di conversione, ha autorizzato l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi prodotti con tecniche di editing genomico” ha notato l’agronomo.
Tra le voci intervenute a seguire anche quelle di Fabio Alberti (Camporbiano) e Rosario Floriddia, dell’omonima azienda. Due realtà che ad Officina Solidale sono ben note, le avevamo ascoltate anche il 5 aprile; che a più riprese hanno espresso comprensione per il dramma degli agricoltori strozzati dai vincoli della monocoltura, descrivendo le proprie esperienze come un orizzonte possibile anche per loro. “E giusto che gli agricoltori continuino a campare di flebo, ovvero di contributi pubblici? Nei nostri 150 ettari pratichiamo da sempre un’agricoltura diversificata, e alle colture affianchiamo gli animali – ha testimoniato Alberti – dove potremmo sfamare una sola famiglia ci mangiamo il 30”. “E’ importante coltivare la possibilità di essere autonomi – ha aggiunto Floriddia – noi lo abbiamo fatto per le materie prime; dall’esterno dipendiamo solo per macchinari e gasolio, per il resto siamo autosufficienti. Ai consumatori consiglio: se avete anche solo un piccolo balcone, piantate basilico o pomodori. Tenere viva la possibilità di fare da sé è bellissimo”.
Un punto è apparso chiaro, dai vari altri interventi: passare al biologico, o anche solo alla rotazione colturale, per un agricoltore legato alla monocoltura intensiva non è semplice né immediato. Altri interrogativi invece restano sospesi: perché le proteste fin qui sono state rivolte sempre alle istituzioni, e mai agli intermediari dell’industria alimentare a cui va la maggior parte del ricarico sul costo delle colture? E quali sviluppi concreti si augurerebbe chi è salito sui trattori, a questo punto della vicenda? Forse potrebbe esser d’aiuto una seria revisione della Pac (la Politica Agricola dell’Unione Europea, con un budget da quasi 400 miliardi euro) che concedesse assistenza tecnica gratuita a chi il cambiamento dimostra di volerlo fare.
E volerlo fare, del resto, è l’altro presupposto base: replicando sul finire a Floriddia e Camporbiano, l’agricoltore viterbese li ha definiti “esempi belli ma di nicchia, che non vanno bene per il mercato”. Subito prima, una voce dal pubblico gli aveva chiesto quali interventi si aspetterebbero in questo momento da chi fa le leggi: lui però di fatto non ha risposto, limitandosi a ripetere il mantra iniziale: “la nostra è una battaglia da fare tutti insieme, agricoltori e consumatori”. La frase suona bene, ma forse è un po’ velleitaria: difficile ignorare il fatto che gli agricoltori non sono tutti uguali e non fanno le stesse scelte. E tantomeno i consumatori.